Tra i non addetti ai lavori ritengo che sia proprio questa la rappresentazione tipica dell’appassionato di astronomia: su per le montagne a sfidare il freddo notturno alla ricerca di cieli stellati incontaminati e di meraviglie celesti… in realtà, anche di giorno si possono compiere osservazioni astronomiche!!! E che cosa si osserva di giorno… il Sole magari? Eh sì, si tratta proprio della nostra stella. Ed è proprio ad essa che è dedicato il mio articolo, che ho accettato volentieri di scrivere per il sito web di Salvatore Albano dopo uno scambio di email. Riporto di seguito l’articolo, che potete scaricare anche qui in versione pdf.

UN’INTRODUZIONE ALL’OSSERVAZIONE DEL SOLE

CHI SONO?

Mi chiamo Giovanna e sono un’astrofila torinese. Per chi non lo sapesse, col termine “astrofilo” si intende qualsiasi persona appassionata di astronomia.
Questa scienza mi ha sempre affascinato: ricordo ancora la cometa Hale-Bopp, un’autentica meraviglia che transitò nei nostri cieli nell’ormai lontano aprile 1997: un binocolo Zeiss 10×40 la mostrava in tutto il suo splendore.
Dal gennaio 2004 ho iniziato a fare sul serio acquistando un telescopio newtoniano 200 f/5 Skywatcher: da allora il virus dell’astronomia si è impadronito di me e non se ne è mai più andato. Certo, i primi tempi non sono stati facili, perchè il puntamento di un cannone da 1 m di lunghezza e 20 cm di diametro era piuttosto arduo: aiuto, tutte quelle stelle nel cercatore… qual’è quella giusta?!?????!!!!? E soprattutto, perchè non riesco neanche a trovare la Luna?!? Aaah, ecco perchè: disgraziata di una Giovanna, hai dimenticato di togliere il tappo del cercatore, che tra l’altro era pure disallineato rispetto allo strumento principale…
E una volta, con un’amica che vive in un paesino della Valle Varaita, abbiamo osservato dal terrazzo di casa sua “tanti cosi belli”, che col senno di poi abbiamo scoperto essere gli ammassi globulari della costellazione del Sagittario.
Adesso le cose vanno decisamente meglio, perchè riesco a trovare facilmente gli oggetti che mi interessano: ammassi stellari, nebulose, galassie…

E tra i non addetti ai lavori ritengo che sia proprio questa la rappresentazione tipica dell’appassionato di astronomia: su per le montagne a sfidare il freddo notturno alla ricerca di cieli stellati incontaminati e di meraviglie celesti… in realtà, anche di giorno si possono compiere osservazioni astronomiche!!! E che cosa si osserva di giorno… il Sole magari? Eh sì, si tratta proprio della nostra stella. Ed è proprio ad essa che è dedicato il mio articolo, che ho accettato volentieri di scrivere per il sito web di Salvatore Albano dopo uno scambio di email.
Con questo articolo non intendo essere esauriente, ma giusto offrire una piccola introduzione allo studio e all’osservazione solari, sperando che curiosi ed appassionati da 0 a 100 anni trovino qualche spunto interessante o motivo di curiosità. Prima di passare alle tecniche osservative da me adottate, ritengo opportuna una breve descrizione di struttura e funzionamento del Sole.

CHE COSA E’ E COME FUNZIONA IL SOLE
Il Sole è in assoluto la stella più vicina a noi: la sua distanza media dal pianeta Terra è pari a 1 UA (unità astronomica), pari a 150 milioni di chilometri.
Col suo diametro di 1400000 km potrebbe contenere al suo interno, allineati uno dopo l’altro, 109 pianeti come la Terra. La sua massa è pari a circa 333000 volte la massa del nostro pianeta e costituisce più del 99% della massa dell’intero Sistema Solare. La sua accelerazione di gravità è 28 volte quella terrestre: ciò significa che una persona che sulla Terra pesa 70 kg, sul Sole peserebbe la bellezza di 1960 kg!
Il Sole si è formato assieme al resto del Sistema Solare circa 4,6 miliardi di anni fa in seguito alla contrazione della zona centrale di un’enorme nube di gas e polveri dovuta alla forza di gravità; a causa delle elevate pressioni, temperature e densità raggiunte nel centro della nube, hanno potuto avere origine le reazioni termonucleari di trasformazione di idrogeno in elio che tuttora sostentano il Sole.
Il Sole è caratterizzato da una struttura a strati che ricorda un po’ quella di una cipolla (Figura 1):

Figura 1: Struttura del Sole

Partendo dal centro e andando verso l’esterno troviamo i seguenti strati (con R indicherò nel seguito il raggio solare):

Nucleo – dal centro fino a 0,2 R circa: racchiude circa la metà della massa della nostra stella. E’ la zona in cui avvengono le reazioni di fusione termonucleare che trasformano l’idrogeno in elio, tramite cui il Sole produce l’energia e il calore che poi giungono sulla Terra. Per darvi un’idea delle energie in gioco, pensate che ogni secondo vengono trasformate in elio milioni di tonnellate di idrogeno, alla temperatura di circa 15 milioni di gradi (e noi che ci lamentiamo d’estate per il caldo quando abbiamo una quarantina di gradi… ) e ad una pressione pari a 2,477×10 11 volte quella presente sul nostro pianeta; questo processo va avanti da più di 4 miliardi di anni e continuerà per circa altri 5.

Zona radiativa – tra 0,2 R e 0,7 R circa: è l’involucro gassoso attraverso cui viene liberata verso l’esterno l’energia prodotta nel nucleo sotto forma di raggi gamma; questi fotoni altamente energetici vengono emessi e riassorbiti in continuazione a causa dell’alta densità del plasma con cui si scontrano; prima di lasciare definitivamente la zona radiativa, un fotone gamma può impiegare anche centinaia di migliaia di anni.

Zona convettiva – tra 0,7 R e 1 R circa: l’energia in arrivo dalla zona radiativa viene trasportata verso la fotosfera (la superficie visibile del Sole) attraverso moti convettivi di gigantesche masse di plasma, il cui moto ricorda un po’ quello delle correnti che nascono in una pentola d’acqua in ebollizione. Queste enormi masse gassose creano delle celle di convezione, o granuli, che risalgono fino alla fotosfera; il loro insieme è chiamato granulazione.

Fotosfera – distanza dal centro circa 1 R: è la superficie visibile del Sole che irradia quasi tutta la luce solare ed ha una temperatura di circa 6000 gradi. Ad essa è dovuto il colore giallo della nostra stella. Il suo aspetto granuloso è dovuto a gigantesche bolle di gas molto caldi che affiorano dalla sottostante zona convettiva. I granuli (detti anche “grani di riso”) durano pochi minuti, ma il loro movimento complessivo rende la fotosfera simile ad una superficie in ebollizione. Oltre alla granulazione, sulla fotosfera si possono scorgere diversi dettagli: i più noti sono senz’altro le macchie solari, che consistono di una zona centrale scura detta ombra e di una zona più chiara, la penombra, che circonda la prima. Le macchie seguono un ciclo undecennale in cui il loro numero varia da un valore massimo ad un valore minimo. Man mano che il ciclo prosegue le macchie solari diventano più numerose; dopo essere apparse prima ad alte latitudini, si spostano man mano verso l’equatore. Le macchie variano considerevolmente per dimensione, forma e complessità. Nel 1769 l’astronomo scozzese Alexander Wilson notò che le macchie più grandi, osservate ai bordi del Sole, apparivano come un “piattino”: affermò quindi che esse erano depressioni sulla superficie solare. In realtà oggi sappiamo che non si tratta di vere e proprie depressioni sulla fotosfera, ma di un’illusione dovuta al fatto che il gas nel campo magnetico sopra la macchia è molto tenue e trasparente, per cui è possibile vedere a maggiore profondità nella fotosfera. Le facole sono zone filamentose un po’ più luminose della fotosfera circostante; solitamente si trovano attorno o nei pressi delle macchie, ma può capitare che siano
isolate e senza macchie al loro interno, se non c’è un campo magnetico sufficientemente forte per permettere la formazione di una macchia.

Cromosfera – tra 1 R e 1,02 R circa: si tratta di uno strato di gas molto rarefatto e di colore rosso-rosato, visibile alla lunghezza d’onda di 656,3 nm, corrispondente all’emissione nella riga H-alfa dell’idrogeno. Benchè questa lunghezza d’onda cada all’interno della banda della luce visibile, è parecchio difficile da osservare perchè è “affogata” nell’intensa
luminosità della fotosfera. Nonostante ciò, con appositi strumenti, è possibile scorgere diversi dettagli, come le protuberanze, che appaiono come fiamme rosseggianti sul bordo del disco solare: esse sono enormi getti di gas la cui forma segue le linee di forza del campo magnetico. Le protuberanze più grosse e spettacolari possono raggiungere dimensioni paragonabili a quelle del Sole stesso, ma mediamente le loro dimensioni si aggirano sulle migliaia di chilometri; hanno durate variabili da alcuni minuti a qualche mese e piccole variazioni del loro aspetto si possono apprezzare già nel giro di poche ore. Se le protuberanze sono visibili all’interno del disco solare, esse prendono il nome difilamenti e appaiono come delle sottili linee irregolari di una colorazione rosso cupo, più scuro rispetto al rosso acceso della cromosfera. Le spicole appaiono come piccole protuberanze sottili sul bordo solare; mediamente hanno altezze di circa 7500 km e una larghezza di 800 km. Un’altra manifestazione dell’attività solare cromosferica è il brillamento o flare solare: si tratta di una violentissima emissione di energia (pari a milioni di volte l’energia consumata dall’umanità in un anno!) localizzata su una zona estesa un centesimo dell’intera superficie solare. Durante un brillamento si assiste all’emissione di radiazione su tutto lo spettro elettromagnetico e all’improvviso aumento di luminosità della zona interessata dall’evento.

Corona – distanze maggiori di 1,02 R: è la parte più esterna dell’atmosfera solare; visibile soltanto durante un’eclisse totale di Sole oppure tramite appositi strumenti, i coronografi, montati sulle sonde spaziali come un alone perlaceo-biancastro. Il gas che la compone è molto rarefatto. Oltre la corona il Sole emette nello spazio un flusso continuo di particelle elettricamente cariche, specialmente protoni ed elettroni, detto vento solare. Esso a volte interagisce con l’atmosfera terrestre generando spettacolari aurore polari.

STRUMENTI E TECNICHE PER L’OSSERVAZIONE DEL SOLE
Innanzitutto una raccomandazione di capitale importanza:
MAI OSSERVARE IL SOLE AD OCCHIO NUDO O CON STRUMENTI NON OPPORTUNAMENTE SCHERMATI!!!!!!! Così facendo, RISCHIATE DANNI PERMANENTI ALLA VISTA!!!
Detto questo, l’osservazione sicura del Sole è possibile. Esistono diversi metodi per raggiungere tale scopo; di seguito vi racconterò quelli da me usati e come si svolge una mia tipica sessione osservativa solare.
Luce bianca
Di solito inizio ad osservare in luce bianca, vale a dire la luce visibile che possiamo vedere coi nostri occhi, la cui lunghezza d’onda è compresa tra 390 nm e 780 nm. In questo range di lunghezze d’onda è possibile osservare la fotosfera. Il mio setup per questo tipo di osservazione (Figura 2) si compone di un telescopio newtoniano 200 f/5 su cui è applicato un filtro solare Astrosolar, il tutto su montatura HEQ5 motorizzata in entrambi gli assi.
Uso questi due oculari:
focale 28 mm , campo apparente 56 gradi per avere 35X;
focale 5 mm, campo apparente 45 gradi per avere 200X.

Figura 2: Telescopio Newton 200 f/5 + filtro Astrosolar

Ho anche una lente di Barlow 2x per raddoppiare la focale del telescopio principale e quindi gli ingrandimenti, ma la uso raramente perchè spesso di giorno il seeing non è dei migliori e al posto del Sole vedo una immagine ribollente; per i non addetti ai lavori, col termine “seeing” si cerca di indicare l’entità della turbolenza atmosferica: seeing buono vuol dire che l’immagine di ciò che stiamo osservando attraverso il telescopio, nel nostro caso il Sole, è stabile e c’è poca turbolenza atmosferica; seeing medio, discreto, sufficiente, scarso indicano man mano condizioni in cui l’immagine peggiora sempre di più a causa dell’aumento della turbolenza atmosferica; l’effetto è simile a quello che vediamo quando fa caldo sui tettucci delle macchine: sopra di essi l’aria ribolle a causa del calore che sale dalla macchina stessa e ciò che vediamo attraverso questo strato d’aria sembra tremolare. Prima di iniziare effettivamente l’osservazione, seguo questa procedura:

1) Tolgo del tutto il cercatore: è inutile! Per puntare il Sole infatti muovo il telescopio finchè la sua ombra sul terreno diventa la più corta possibile. Quando ciò accade, vuol dire che il tubo del telescopio è orientato esattamente nella direzione del Sole e il Sole stesso viene inquadrato nel campo visivo (Figura 3).

Figura 3: Puntamento

Se proprio non volete togliere il cercatore, abbiate l’accortezza di lasciare gli appositi tappi sulle sue lenti: eviterete che la luce solare venga focalizzata in modo pericoloso sul vostro braccio o sui vestiti che accidentalmente vengano investiti dal fascio luminoso che attraversa il cercatore.

2) Prima di applicare il filtro Astrosolar all’obiettivo del telescopio, inserisco un elastico attorno all’obiettivo stesso, in modo che questo piccolo spessore impedisca cadute accidentali del filtro durante l’osservazione con conseguente pericolo per gli occhi e danni al filtro stesso (Figura 4).

3) Per risolvere il problema dei fastidiosi riflessi della luce solare da parte delle vitine di focheggiatore e portaoculari ho preparato una serie di fascette cilindriche di cartoncino bianco fissate con nastro adesivo. Queste fascette sono grandi come le vitine stesse e le ricoprono (Figura 5). Questa piccola innovazione è recente, ma vi assicuro che funziona.

Figura 5: Eliminare i fastidiosi riflessi delle vitine

Finite queste operazioni, per prima cosa annoto sul quaderno delle osservazioni luogo, data, ora in Tempo Universale e ingrandimenti; per avere una visione globale del Sole e delle eventuali macchie principali scelgo i 35x. Segue schizzo a matita a mano libera di ciò che vedo (l’unica cosa che disegno col compasso è il cerchio che rappresenta il disco solare); per i dettagli più fini devo avere parecchia pazienza a causa della loro evanescenza. Per verificare che effettivamente si tratti di dettagli del Sole, muovo il telescopio coi moti micrometrici: se i presunti dettagli si spostano col Sole, allora gli appartengono, altrimenti devo tristemente constatare che si tratta di ben più terrestri granelli di polvere…
Ripeto lo stesso procedimento a 200x; in questo caso cerco di disegnare più in dettaglio igruppi di macchie più grossi, designandoli con lettere, es. gruppo A, gruppo B… che poi richiamo nel disegno fatto a 35x. Se il seeing lo consente mi spingo fino a 400x.
Usualmente disegno le macchie con un’ombra nera e una penombra grigia, cioè come mi appaiono all’oculare, mentre le facole, a causa della loro elevata evanescenza e del basso contrasto rispetto al resto della fotosfera, sono rappresentate da una macchia bianca racchiusa entro un bordo grigio chiaro disegnato sempre a matita, calcando appena.
Conto le macchie che vedo a 200x e annoto il loro numero sul quaderno delle osservazioni; conto anche i gruppi.
Questi due numeri mi servono per calcolare il numero di Wolf, che dà un’idea dell’andamento dell’attività solare; esso è dato dalla classica formula

W = k(10g+m) in cui

k= fattore di correzione dipendente da apertura del telescopio, trasparenza dell’atmosfera, turbolenza atmosferica (=seeing)
g=numero di gruppi di macchie
m=numero di macchie
Per determinare il k ho fatto riferimento a questo articolo presente sul sito UAI: http://sole.uai.it/Calcolo_Wolf.htm
Un articolo simile si può trovare qui: http://www.castfvg.it/sistsola/pianeti/sistsol1.htm
Oltre a queste informazioni, inserisco sempre anche una nota sul seeing.

H-alfa
Questa lunghezza d’onda corrisponde all’emissione del Sole alla lunghezza d’onda di 656,3 nm, corrispondente all’emissione nella riga dell’ idrogeno alfa (H-alfa).
La strumentazione usata è questa (Figura 6):
-Telescopio Lunt LS 35, diametro 35 mm e lunghezza focale 400 mm;
-oculare zoom -Tecnosky con focali comprese tra 21,5 mm e 7,2 mm (che mi danno ingrandimenti tra 18,6X e 55X)
il tutto montato sul treppiede fotografico T1 RP Optix.
Nota alla Figura 6: non è vero che gli astrofili sono dei solitari… spesso godo di ottima compagnia durante le mie osservazioni, come potete vedere!

Figura 6: Strumentazione per l’ H-alfa

Anche per l’H-alfa ho cura di annotare gli ingrandimenti usati, la data e l’ora di osservazione e il seeing; in questo caso, mi trovo particolarmente bene ad osservare a 18,6X e 40X: col primo potere do una rapida occhiata per individuare i dettagli principali sul disco del Sole ed eventuali grosse protuberanze (e al momento non mi è ancora capitato di vedere una di quelle protuberanze gigantesche, comparabili con le dimensioni del Sole stesso…). Mi spingo anche a 55X, ma sovente, a causa del seeing, non riesco a cogliere molti più dettagli rispetto a quelli che vedo agli ingrandimenti minori e in più l’immagine del Sole rischia di non star tutta nel campo visivo. Disegno poi, sempre a mano libera tranne il cerchio che rappresenta il disco solare per cui uso il compasso, uno schizzo. In questo caso usualmente inizio dalle protuberanze sul bordo che disegno con una matita rossa; i filamenti invece sono disegnati con una matita grigia. In corrispondenza delle
macchie solari e delle facole in luce bianca, spesso sono visibili le facole cromosferiche, che ho deciso di rappresentare con una matita arancione. Per rendere il bel colore rosso carico della cromosfera, uso un pennarello rosso; certo, ci sarebbero ancora parecchi dettagli minuti, come le lievi sfumature di colore della cromosfera stessa, ma diventerebbe troppo lungo e complicato rappresentarli, per cui sono costretta a semplificare.
Nella Figura 7, per curiosità, ho scelto di inserire uno dei miei report osservativi, risalente al 26 aprile 2011:

Figura 7: Report osservativo del 26 aprile 2011

CONCLUSIONI
Qualcuno potrebbe chiedersi perchè io mi ostini a voler disegnare il Sole, anziché fotografarlo. I motivi sono essenzialmente questi:

  1. Secondo me il disegno allena i nostri occhi ad osservare meglio: nello sforzo di rendere ciò che vediamo attraverso il telescopio nel miglior modo possibile, siamo costretti a passare un tempo maggiore con l’occhio attaccato all’oculare e quindi riusciamo a scorgere più dettagli e più dettagli minuti. Fatto tesoro di ciò che osserviamo durante una sessione qualsiasi, durante quella successiva avremo più facilità a ritrovare i dettagli, proprio perchè sappiamo cosa aspettarci, avendolo memorizzato dalla volta precedente. Per esperienza diretta, posso dire che è quello che è capitato a me: i primi tempi che osservavo il Sole in luce bianca, nel 2005, riuscivo a malapena a vedere le macchie più
    grosse: non sto scherzando! Poi pian piano il mio occhio si è abituato a questo tipo di osservazioni, perchè man mano sapevo che tipo di strutture, di dettagli solari avrei potuto aspettarmi. E lo stesso mi sta accadendo per l’osservazione in H-alfa: ho acquistato questo strumento alla fine del 2010, per cui riesco a scorgere dei dettagli, ma sicuramente non tutti quelli che potrei, perchè i miei occhi non sono ancora completamente abituati a questo (per me nuovo!) tipo di osservazione.
  2. Non so se avrei pazienza per applicarmi nella fotografia solare e nella ripresa di sequenze video: il divertimento nel scorgere in prima persona quella macchiolina infinitesimale o quella protuberanza pressochè invisibile secondo me è impareggiabile, perchè dà quel senso di soddisfazione che prova ogni astrofilo nel riuscire ad osservare dettagli sempre più difficili. Con le varie fotocamere, webcam e similari secondo me si perdono un po’ di quella soddisfazione: tanto ci sono loro che fanno tutto… e se poi le batterie si scaricano, come la mettiamo?!?

Concludo (e stavolta finisco veramente!) con l’augurio tradizionale degli astrofili: cieli sereni a tutti! E buone osservazioni.